Istruzioni per allevare bambini infelici


AVVERTENZE PRIMA DELL’USO: Questo post è scritto con evidente humour nero – se vi piace la Famiglia Addams, spero che questo incontri i vostri gusti. Non consiglio in alcun modo di operare come descrivo, anzi di fare l’esatto opposto! Non solo non dovete farlo a casa, ma chiunque ci provi deliberatamente dovrebbe essere punito. Giocare è divertente, ma con l’infanzia non si scherza!

Una famiglia felice

Mamme, papà, zii e zie, nonni e nonne! Questo post intende far luce su un argomento difficile e controverso, su cui si sono spesi se non fiumi almeno ruscelli di inchiostro: come rendere vostro figlio (o nipote) un candidato perfetto alla depressione?

In troppi si sono affaticati sui migliori consigli diseducativi. C’è chi ha dato un’eccessiva importanza alla repressione sessuale. Chi ha (non senza ragione) raccomandato di abbandonare il pargolo non appena si sia in qualche modo affezionato a voi oppure (fatte salve le ovvie difficoltà pratiche) morire voi stessi, preferibilmente in modo traumatico. Certo questo dà un abbrivio abbastanza sicuro non solo alla depressione adulta, ma anche a tutta una sequela di disagi, anche se, è bene ricordarlo, non possiamo essere sicuri che vostra figlia o vostro figlio non riesca a superare un evento così terribile, ossia la perdita di un genitore, proprio a causa dell’amore che avrete inavvertitamente comunicato durante il vostro breve periodo di vita. Quindi, siatene avari, per ogni evenienza.

L’abbandono non è la soluzione!

Allevarlo in povertà? Poco efficace. Percosse? Talvolta aiutano, ma non avrete mai la certezza di produrre grazie ai vostri sforzi un adulto rabbioso e incline alla violenza domestica o al maltrattamento infantile.
No, queste cose non vanno lasciate al caso. Occorre ricorrere a qualcosa di più scientifico. Sentiamo quindi cosa ci dice la psicologia cognitiva riguardo alla depressione.

A.T. Beck, uno dei fondatori della terapia cognitiva, rintraccia le cause della depressione in tre credenze erronee. La prima riguarda un giudizio negativo su di sé (“Sono un incapace”, “Non valgo niente”, “sono colpevole delle sventure che mi accadono”, “Così come sono non posso davvero piacere a nessuno”); la seconda riguarda tutto l’insieme delle visioni negative che si possono coltivare sul mondo (“Il mondo fa schifo”, “La vita fa schifo”, “Il mondo è un posto pericoloso e senza possibilità”, “La vita è ingiusta con me e chi amo”, “La gente non fa che approfittare di me” …) e la terza, immancabile, consiste nel coltivare una persistente e apparentemente motivata visione negativa del futuro, che come sappiamo non può che andare sempre peggio – viste le premesse delle due prime credenze. Su questo approccio si basa la terapia cognitiva della depressione che si è rivelata abbastanza fondata empiricamente e paragonabile come efficacia ai farmaci antidepressivi. Ovviamente, fate in modo di demonizzarli come pericolosi: non sia mai che possano dare sollievo al nostro futuro depresso.

Il pessimismo è un traguardo alla portata di tutti!

Sulla stessa lunghezza d’onda di Beck troviamo Martin E.P. Selingman, che ha studiato l’impotenza appresa e lo stile pessimistico di spiegazione degli eventi.
Quali indicazioni possiamo ricavare da questi studi per allevare bambini infelici? Basta educare la dolce creatura secondo queste tre semplici regole:

1) Di fronte ad un evento negativo, caricatelo della colpa del medesimo prontamente. Date subito voi l’esempio, comportandovi allo stesso modo in ogni più piccola cosa della vita che va storta. Non lasciatevi sfuggire nessuna resa a facili spiegazioni “esterne”: se si buca una gomma è certamente colpa vostra perché avreste potuto fare un’altra strada; se il biglietto della lotteria che avete comprato non vince i milioni di euro in palio, è matematico che avreste dovuto scegliere meglio; il latte versato è sicuramente una prova della vostra totale incapacità. Il lavoro poi è una miniera di spunti: rimbrotti del capo, litigi con i colleghi, ritardi, grane- mostratevi assolutamente convinti di essere voi l’unico e solo colpevole di tutto questo. Siate plateali e teatrali nell’incolparvi di fronte a vostro figlio – il messaggio deve arrivare forte e chiaro alla sua giovane e inesperta mente. A quel punto incolpare il bimbo di ogni più piccola faccenda negativa nella quale possa incorrere sarà un gioco da ragazzi, e vedrete che presto lui stesso si addosserà la colpa di futuri eventi negativi che lo riguardano di sua spontanea volontà. Non dimenticate di giustificare tutto con la vecchia scusa che questo trattamento “forgia il carattere”.

2) Considerate ogni cosa buona che accade come semplice frutto della fortuna, e di circostanze esterne mutevoli e sulle quali non avete alcun controllo. Come al solito,

E’ tutto merito della Dea bendata!

cominciate con voi stessi. Una promozione sarà solo dovuta al fatto che non c’erano candidati davvero in grado e hanno scelto voi come ripiego; non riuscite a spiegarvi come mai qualcuno vi vuole ancora bene; se bucate, essere riusciti a cambiare la ruota è merito del fatto che le viti erano lente, e che avete per pura fortuna indovinato subito da che parte girare la chiave inglese,e e così via. Allo stesso modo, qualsiasi successo scolastico  del piccolo andrà sminuito con frasi come:  “Pensavo avresti preso di più…” oppure “Il compito non era difficile questa volta, eh?” . Ricordate che questo atteggiamento può far sì che il pargolo in questione desista dallo studiare, tanto qualsiasi suo sforzo o risultato è invisibile ai vostri saggiamente chiusi occhi (e avrete la prova che la vostra opera sta avendo successo), ma potrebbe anche sortire, in alcuni bambini orgogliosi, l’effetto opposto,  stimolando il desiderio di strapparvi una lode, magari aumentando gli sforzi a scuola. Questo potrebbe produrre voti migliori, ma voi non lasciatevi scoraggiare: di fronte a un 9 vi basterà commentare con un laconico “Come mai non 10?”. L’effetto è devastante, fidatevi.

3) Dimostrate di essere assolutamente convinti che è “sempre” colpa sua  se le cose vanno male e non è “mai” merito suo se vanno bene. Utilizzate spesso questi due avverbi  (“sempre” e “mai”) ed ogni loro variante come “tutte le volte”, “metodicamente”, “tutti i santi giorni”, “ogni volta”, “di continuo” oppure “neppure una volta”, “non una sola volta” e così via. Come sopra: date il cattivo esempio! Usateli in dosi massicce quando raccontate platealmente i vostri casi di fronte al piccolo: dobbiamo assolutamente far passare l’idea che ogni sciagura è li per restare, ogni caso buono non può che passare.

La vergogna è un potente ingrediente della depressione!

Ma c’è di più! Se avete la fortuna (non per lei!) di avere una figlia femmina e volete mantenere la statistica che vuole le donne depresse il doppio degli uomini, dovete utilizzare qualcosa in più. Intanto scoraggiate qualsiasi distrazione dopo un evento negativo: giocare con amiche e amici potrebbe distrarla dal rimuginare continuamente sull’errore che “sicuramente” avrà fatto, visto che è successo qualcosa che non va. La strategia funziona benissimo perché molto spesso non esiste proprio niente che non va in lei o in quello che ha fatto, e quindi sarà costretta a continuare a pensarci senza potersi mai distrarre. Il colpo finale, tuttavia, dovete affidarlo alla coltivazione di un pervasivo, persistente ed ineludibile sentimento di vergogna. Non lesinate alla pargoletta giudizi critici su di lei, piuttosto che sul suo operato; vanno benissimo critiche come “Sei sempre distratta” o “Sei pigra e non ti impegni”, “Sei senza motivazione a scuola, per questo le cose poi non vanno” e così via. Non dite: “Hai fatto una cosa stupida”, come se potesse farne o ne avesse già fatte di intelligenti. No! Dite sempre: “Sei stupida”. Fatela vergognare. Come insegna M. Lewis, non c’è niente di meglio della coltivazione della vergogna per sentirsi, da grandi, depressi e senza speranza.

Un’ultima raccomandazione:  non abbiate fretta di vedere i frutti di questo programma diseducativo – fino alle soglie dell’adolescenza i bambini sono caratterizzati da una sorta di “ottimismo d’acciaio” e sarà difficile, anche se non impossibile, vederli tristi, senza motivazioni, senza interessi, insonni, autocritici, confusi, rallentati (o agitati) per lunghi periodi di tempo come sperate. Ma abbiate fede: impegnandovi potrete anche voi avere un figlio, e più ancora una figlia, depressi!

19 pensieri su “Istruzioni per allevare bambini infelici

  1. L’humour nero rende bene l’idea, posso confermare il successo (purtroppo troppo spesso evidente) di queste “strategie”. Grazie!

  2. Credo che stamperò questo articolo e lo attaccherò al frigo. O lo allegherò ai prossimi regali di natale dei miei genitori, aggiungendo una piccola nota: “Mission accomplished”.

    1. :> … Comunque, puoi applicare a te stesso/a le istruzioni INVERTENDOLE. Così sono molto efficaci… L’infanzia non è una sentenza del destino – si può fare molto, anzi tutto!
      A rileggerti

      1. Non temere. Ho sì permesso che questo loro atteggiamento mi abbattesse nell’infanzia, ma sono ben decisa a vivere la mia età adulta come voglio io, senza sentirmi eternamente l’ultima ruota del carro. Alle volte il sentimento (“sono inutile, incapace, non farò mai nulla di buono nella vita”) ritorna, ma ho lavorato su me stessa a lungo, abbastanza da potermi guardare allo specchio e dire “Posso essere meglio.” e credo che questo pensiero sia la cosa migliore che mi sia mai venuta in mente. L’idea stessa del miglioramento, dell’andare avanti, dell’essere riconosciuta dal mondo (o anche solo dalle persone che mi stanno attorno) come una persona intelligente e capace mi aiuta da pazzi. Forse non cancellerà mai gli anni in cui mi sono sentita chiamare “stupida”, “inutile” e “incapace”, ma potrà aiutarmi in ogni caso.

        E comunque, io sono intelligente, bravissima, simpatica e fottutamente meravigliosa, cazzo. ù_ù/

        Ma quando -e se- avrò dei figli, appenderò comunque questo articolo al frigo e farò l’esatto opposto.

  3. Aggiungo:
    – Farlo sentire come se fosse l’ultimo dei vostri impegni, portandolo prestissimo alle feste e venendolo a prendere con quaranta minuti di ritardo o prenderlo da scuola almeno mezz’ora dopo che è suonata la campana.
    – Zittirlo continuamente e ricordargli sempre, continuamente, a qualsiasi ora, per qualsiasi cosa che è solo un bambino.
    – Non farlo mai giocare all’aria aperta o con animali per non farlo sporcare.

  4. Davvero pensi che in Italia ci sia tanta differenza nell’educazione delle bambine rispetto a quella dei bambini maschi ? E’ un aspetto molto interessante, perchè siamo abituati a vivere in un’epoca di parificazione dei sessi e sembra che di differenze non ce ne siano più, a livello educativo. E invece magari le differenze persistono …..

    1. Non solo ne sono personalmente convinto (il che non ha poi un gran valore) ma gli studi in merito al fatto che le donne adulte (che saranno state anche bambine) sono purtroppo molto più esposte degli uomini alle psicopatologie, sta li a dimostrare che c’è qualcosa che non va. Poiché le differenze a livello congnitivo e neurale sono trascurabili, anche se ci sono delle evidenti differenze ormonali, queste non spiegano tutto (la varianza spiegata è troppo piccola): per questo ci deve essere “qualcosa” nell’ambiente che provoca questa differenza. Cmq, io giro la domanda alle lettrici del blog: che differenze c’erano nell’educazione vostra rispetto ai vostri compagni maschi?

      1. Ciao, provo a rispondere. partendo dal mio punto di vista: le ricerche sulla comunicazione genitori-figli, ad esempio ci dicono che già qui ci sono molte differenze tra bimbe e bimbi: i secondi incoraggiati alla forza, le prime ai sentimenti buoni. Non so sia stato studiato anche il collegamento con la depressione, ma se parliamo di differenze, quelle ci sono. Consiglio anche questo blog, per chi fosse interessato alle differenze di genere nella nostra società:

        http://comunicazionedigenere.wordpress.com/

      2. …. e attendiamo la risposta delle lettrici. Poi c’è da dire che le bambine cresciute negli anni ’60 e ’70 non sono quelle cresciute negli anni ’80 e ’90

  5. Ciao, sei fantastico, come il solito e approvo in pieno! I miei hanno fatto di tutto per darmi un biglietto per una depressione permanente, malgrado avessi voti eccellenti. Avevo 2 strade:Diventare Psicotica o Psicoanalista, sono diventata Psicoanalista perchè me ne sono andata da casa presto ed è inutile dire che da inappetente, una volta approdata a Roma, da Firenze, ho preso subito 20 kg mangiando di gran gusto di tutto. Se uno ha il coraggio, come l’ho trovato io, di allontanarsi dalla fonte iatrogena, trova un suo equilibrio, anche se mi è rimasta una visione un pò pessimista, ma penso sia il minimo. Sei un grande!!!!

  6. complimenti per il post. è stupendo che di queste cose se ne parli e si inizi anche a riconoscerle (tipo “ecco ma sono io quella bambina!”) senza aggiungere ulteriore tristezza a quella passata. diamo un calcio diretto a tutto ciò! e via ! vita nuova! e diversa.

  7. Complimenti…potrei aggiungere altre cose alla tua già ben fornita lista, tanto che potrebbe venirne fuori un altro post…
    Io sto ancora lottando tra la visione che i miei hanno costruito su me e quello che sono/vorrei essere realmente…
    Ancora sono piena di rabbia, perchè pur avendo capito che erano loro a sbagliarsi non riesco a uscirne.
    …chissà come andrà a finire.
    Ancora complimenti, continuerò a seguirti, trovo il tuo blog davvero interessante e piacevole da leggere.

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