L’etica al verde

Ieri sera ho mangiato degli ottimi fagioli dall’occhio, conditi con sedano e cipolla. Di contorno un’ottima insalata di finocchio, arancia e olive nere, pane, frutta e siccome ero particolarmente felice ho aggiunto al menu un paio di quadretti di cioccolato fondente al 72%.

Qualcuno potrebbe notare qualcosa in questa scelta di cibi: non c’era nulla di “animale” né diretto – insomma pezzi di carne – né indiretto – latte, uova.
Voglio fare un coming out assolutamente dirompente: sono vegano –anche se, a dire il vero dopo ben 22 anni di vegetarianismo preferisco definirmi vegano flessibile. Il motivo è semplice: mi succede di essere invitato a cena da amici che, atterriti da questa svolta radicale della mia alimentazione, si sentono più a loro agio se possono propinarmi una frittatina, aggiungendo preoccupati: “Ma le uova sono bio e di galline felici!”. Lo fanno con generosità, e gli sto spiegando le alternative…

Ai più non interesserà di certo come decido di organizzarmi i pasti, anche se sembra che in Italia a mangiare più o meno come me siano in sette milioni, dei quali circa 700.000 vegani.

Ora, poiché credo di essere un veg* di lungo corso (ho iniziato a 16 anni – e penso ancora che se avessi confessato a quell’età che sono gay e avessi mangiato la carne, la mia vita sarebbe stata più semplice…) vorrei arrogarmi in questo post il diritto di commentare alcune cose che proprio non mi piacciono delll’attuale “mondo veg*”. Dividerò il tutto in agili capitoletti, tanto per non fare confusione.

I veg* e il bio

Tanto per chiarire, non credo assolutamente che una persona che fa una scelta veg* dovrebbe anche convertire tutta la sua vita alla filosofia “bio”: le due cose sono ben distinte e separate. Compro i fagioli al supermercato, la verdura di stagione dal fruttivendolo, uso lo zucchero bianco, non compro il tofu a peso d’oro nei negozi bio o al supermercato, ma nei negozi etnici di Piazza Vittorio a Roma (il mio preferito mi conosce bene ormai, e un giorno mi ha chiesto come mai compravo tanto tofu. Quando ho spiegato loro che non mangiavo la carne, si sono limitati a sorridere e a dire “Ah!” senza neppure alzare un sopracciglio interrogativo: tolleranza? Tradizione? Educazione orientale?). Ma ora voglio sconvolgervi: non avrei problemi a consumare soia transgenica, pomodori GM, patate “artefatte”, mais BT… Non avrei problemi perché la mia scelta veg* è una scelta ETICA, non una scelta salutista e perché mi piace informarmi dalle fonti affidabili piuttosto che dai sitarelli controinfomativi, che rimasticano pregiudizi e pessima letteratura scientifica (quando la citano). Se volete approfondire, ecco il link dell’EFSA sulla sicurezza alimentare degli organismi GM.
Il mio portafoglio mi ringrazia ogni mese: non vedo perché dovrei pagare cifre esorbitanti dei prodotti che non hanno caratteristiche così differenti da quelli mainstream. Ovviamente non mi riferisco ai prodotti di nicchia, per i quali c’è una pregevole tradizione da salvaguardare, ma di ceci, fagioli, tofu, latte di soia, pane, pasta e olio. Fin troppo spesso mi sono sentito dire che “non sono vegetariano perché costa troppo”: costa troppo?! Ecco! ci sono riusciti – l’orrido virus del radical chic ha infettato anche  una scelta che dovrebbe essere economica per definizione: ditemi c’è forse un cibo più costoso della carne di manzo in termini di risorse, acqua ed energia? Eppure a comprare a quei prezzi il seitan nei negozi bio (perché di marche “industriali” io non ne ho ancora trovate) mi viene in mente che lo allevino come i bovini!

I veg* e la salute

Sembra che noi veg* siamo più sani e meno ciccioni del resto del mondo… Sarà, ma io ho sempre dovuto combattere con il mio peso inclemente, fare rinunce, tenermi a dieta. E muovermi. E non fumo. E non bevo alcool (è una scelta “religiosa”, poi vi spiego). E allora ci credo che sono più sano di un mio coetaneo di pari estrazione socio-economica! Ma se andiamo a confrontare veg e onnivori che fumano, bevono, non controllano il peso, non fanno attività fisica scommettiamo che hanno un’aspettativa di vita paragonabile? Quello che voglio dire è che non sono affatto convinto che mangiare carne sia anti-fisiologico come alcuni di noi veg credono: gli scimpanzé e i bonobo la mangiano e organizzano battute di caccia spesso ai danni di altre scimmie; non solo:  le femmine di scimpanzé scambiano offerte di carne, un cibo di pregio e raro, con sesso. I dati paleo antropologici parlano chiaro: ci siamo evoluti nella savana come una specie di cacciatori raccoglitori. La carne la mangiavamo. Questo non vuol dire tuttavia che dobbiamo continuare a mangiarla. Esistono comportamenti “naturali” (l’infanticidio ad esempio) che hanno spiegazioni evolutive convincenti ma che nessuno di noi accetterebbe come giustificazione. Perché si da il caso che noi esseri umani abbiamo sviluppato anche la cultura e la ragione critica, e soprattutto siamo in grado di chiederci se un’azione è giusta o no. E di nuovo solo questo dovrebbe guidarci, non altre considerazioni sulle nostre cinque dita, o sui nostri intestini, sulla nostra pretesa dentatura da mangiatori di vegetali etc. Sono tutte illazioni in gran parte prive di fondamento e che alla lunga faranno molto male all’unico vero motivo che può spingere una persona a cambiare la sua alimentazione: un animale prova sofferenza come me e ha un legittimo interesse a continuare a vivere. Ciò basta a farmi interrogare se è possibile e giusto smettere di cibarmene.

Per concludere

Ho scritto questo post perché vorrei discutere con voi del rischio di cedere ad un pericoloso “pensiero dicotomico”, vedere insomma tutto in bianco e nero: la carne e i derivati animali sembrano diventati una nuova categoria di cibi “impuri”, rinunciare ai quali renderebbe automaticamente “puri”. Mi sono state riferite scene assurde, come chi pretende di usare un coltello nuovo, se quello prima è stato inavvertitamente usato da qualche commensale per tagliare del salame. Sembra che non basti un tovagliolo di carta per eliminare l’ “impurità”. Così, lasciatemi dire, si entra direttamente nel fondamentalismo, si giudica non un comportamento ma un oggetto, che in sé è neutro. Un coltello sporco non mi rende complice di un atto non etico – del disgusto,  comprensibile emozione umana, parleremo poi.

Ecco, l’etica è ben altro. A mio avviso, chiede a ciascuno di noi di negoziare l’applicazione dei nostri principi non negoziabili nelle situazioni concrete. Questa è la difficoltà, questo è il vero fascino di una scelta che non è alimentare ma valoriale. Sono convinto che ogni nostra azione debba tenere insieme i nostri limiti, i limiti della realtà e il mondo che sogniamo di costruire. Perché ad esempio è evidente che ad arare un campo, anche se “bio”, ne muoiono di insetti.  Così purtroppo non si può vivere senza uccidere (almeno per il nostro attuale livello di sviluppo tecnoscientifico). Il punto è uccidere e far soffrire il meno possibile e solo se necessario.
Insomma mi piacerebbe che nei siti veg* si parlasse più di etica e meno di salute, (fanta)scienza, vibrazioni energetiche del seitan e dei frutti oleaginosi, elucubrazioni omeopatiche, innaturalità del mangiare carne o bere latte, naturopatie, trasmigrazioni di anime, Gesù vegetariani, Maometti  animalisti e così via.

Perché l’unico motivo per non mangiare un animale è perché so che soffrirà come me e che poso fare diversamente. E’ l’unico argomento. Gli altri sono solo mode passeggere e affermazioni para scientifiche che alla lunga si riveleranno semplicemente disinformazione e boomerang mediatici.

E ora sparate sul blogger – ma che siano colpi veloci e risolutivi: non voglio soffrire!

 

P.S:

Piccola nota di gestione dei commenti: lascerò ogni opinione, sperando di riuscire a rispondere ai più. Tuttavia, cancellerò inesorabilmente ogni commento nei quali io sia attaccato personalmente. Potete scrivere che questo post è un cumulo di sterco fumante con tante mosche allegre intorno. Ma se date della scemo a me cancellerò il vostro commento.

13 pensieri su “L’etica al verde

  1. che bello sentir parlare un vegano in questi termini!!! sei un “esemplare veg” più unico che raro! 😉
    Una domanda: qual è la “scelta religiosa” che ti induce a non bere alcol?

    1. Ciao Daniela!
      definisco la mia scelta “religiosa” perché sono un praticante buddhista. In realtà non credo che il Buddhismo sia una religione (non più di quanto lo fosse lo stoicismo, l’epicureismo, il marxismo o qualsiasi posizione filosofica) però così faccio prima a spiegarmi …
      CIAO!

  2. Anche io mi ero avvicinata al buddismo qualche tempo fa… Ho letto qualche libro e ho frequentato un centro buddista per un paio di mesi, ma poi…c’era qualcosa che non mi quadrava. E col tempo ho capito cos’era: mi sembra (ma forse tu mi puoi aiutare in merito) che il buddismo sia troppo “ascetico”, e mi spiego. Postula che lo stato di “pace” sia l’annullamento di qualsiasi desiderio. Ecco…io invece ritengo che il desiderio sia bello, vitale, necessario. Io amo il mio desiderio e me lo voglio tenere… 😉

    1. Ti capisco. Ma, permetti solo di “puntualizzare”: il Buddhismo non mira ad “annullare” il desiderio per ottenere la pace, quanto a comprendere che il desiderio (ma io preferisco il termine “sete” di possedere, di essere qualcuno, di non essere qualcuno) sposta l’attenzione verso qualcosa che non è stabile. E’ un po’ come spostare le sdraie sul Titanic 🙂 sicuramente si passeggia meglio. Ma poi si affonda. Per questo inoltre non tutti i desideri sono negativi: l’aspirazione al bene, al bello, alla giustizia, a superare la sofferenza propria e altrui è un desiderio che va perseguito! Quella che mi riporti è un po’ una distorsione del Dharma (purtroppo molto diffusa) – se davvero il nirvana fosse questa specie di “annullamento” della forza vitale, come ti spieghi che il Buddha ha dedicato 40 anni agli altri, fondando l’ordine monastico e insegnando come superare la sofferenza? A presto!

  3. Ti ringrazio per le spiegazioni.
    Vorrei approfittare della tua conoscenza in merito per chiederti cosa ne pensa il buddismo del desiderio fisico (da quello sessuale al “buon mangiare”, ecc)

    1. Daniela, io non sono “titolato” per risponderti 🙂 posso dirti cosa ho capito io circa il “problema” del desiderio… ma è una mia opinione! Quindi non sono sicuro sia giusta…
      Intanto bisogna distinguere tra laici e monaci: questi ultimi dedicano al loro vita a vedere in profondità la natura delle cose, ad ottenere la saggezza per sé e per gli altri. A loro è richiesta l’astensione dal desiderio, dal lavoro e da ogni incarico (parlo dei monaci Theravada, in altre tradizioni queste regole si sono adattate alle circostanze e in Giappone, ad esempio, i monaci Zen possono avere moglie e figli) – decidono di dedicarsi completamente alla ricerca della libertà definitiva. I laici buddhisti si impegnano a sotenerli nel loro sforzo materialmente ed in cambio ricevono assistenza spirituale e insegnamenti. Ti dico questo perché il Buddha distingueva chiaramente tra laici e monaci rispetto alla morale: a questi consigliava di impegnarsi nel lavoro, essere floridi per sé, la loro famiglia e la loro comunità, su Web trovi diversi discorsi del Buddha su questo.
      Il desiderio è un vincolo – ci lega alla cosa desiderata, ma più sottilmente, crediamo che ottenere quello che desideriamo abbia a che fare con la felicità, con chi siamo o con chi non vorremmo essere. Il desiderio guida le nostre attività, costruisce la nostra storia e ci fa “credere” di essere qualcuno di “stabile”… Il problema però è che seguire il desiderio è come uscire di casa con dei vestiti prestati – prima o poi ce li chiederanno indietro… Così, il problema del desiderio non è etico (è giusto o sbagliato) quanto esistenziale – è saggio fondare la propria vita sul desiderio?
      Tieni presente, cmq, che non possiamo “reprimere” il desiderio: finiremmo per costruire la nostra sofferenza comunque. Il Dharma è un percorso di educazione, a cui a seconda del nostro livello accediamo alla comprensione, e alla pratica che da questa comprensione deriva e che, a sua volta, ci aiuta a comprendere sempre meglio.
      Spero di averti risposto – ma non credermi sulla parola! Verifica 😉
      CIAO!

  4. Caro Stefano Ventura, ho letto con molto interesse il tuo articolo. Io sono un quasi vegetariano da circa 30 anni da quando cioè ho smesso di mangiare carne perchè, in sintesi, da un certo momento mi ha cominciato a fare schifo. Qualche volta mangio pesce, formaggi e uova. Sono contentissimo della mia scelta perchè dettata esclusivamente da mie sensazioni personali. Dopodichè mi sono documentato e ho trovato le risposte. Non mi interessano le rinunce se dettate da varie filosofie/correnti di pensiero; mi interessano invece la salute sia fisica e sia mentale; per questo mangio come mi sento di mangiare ed evito le filosofie/religioni che limitano il pensiero. Saluti, Giovanni Gregoretti

    1. Sono contento che tu sia contento.
      Di solito le filosofie dovrebbero avere lo scopo di allargare la mente, non di chiuderla, ampliando il nostro sguardo e invitandoci a riflettere, e l’etica, che della filosofia è campo, dovrebbe spingerci a chiederci cosa è giusto e cosa sbagliato.
      A quanto scrivi, anche tu sembri avere una filosofia e un etica particolari: mangi quello che ti senti, quindi credi che quello che senti è giusto. E se non fosse sempre così?

      A presto
      Stefano

  5. Che bello leggerti!
    Finalmente qualcuno di veg* che non va in giro a strillare, con aria spesso isterica e patetica, “CONVERTITEVI O MORIRETE! SMETTETE DI MANGIARE CARNE E SARETE PURI!”: a me queste persone hanno sempre ricordato il monaco Zenone di “L’armata Brancaleone”.
    Rimandi cinematografici a parte, sono sicuramente d’accordo con quello che hai scritto: anche io (al momento diciassettenne, ma vegetariana da circa 4 anni) ho fatto questa scelta non per motivi religiosi, non per mantenermi in salute e non certo per convertire la mia vita al bio, dilapidando così lo stipendio dei miei.
    Nulla, questo commento senza senso è solo per ringraziarti e per farti i complimenti!
    😀

    1. Cara Selene,
      il commento non è affatto senza senso!
      complimenti per la tua scelta! E per il senso critico che metti nelle cose. In fondo questo post vuole solo, umilmente, contribuire ad approfondire il dibattito indicando alcuni potenziali rischi. Ieri ho visto alcuni minuti del dibattito di Porta a Porta (paura!) sul vegetarianismo: nei primi 20 minuti circa nessuno ha parlato di etica! tutti subito a preoccuparsi se è “naturale”, “sano” o “più sano” mangiare carne… Se siamo a questo, c’è parecchio lavoro da fare!
      A rileggerti presto

  6. ho aspettato tanto prima di scrivere questo commento perchè l’argomento mi interessa molto (e quindi grazie per avermi fatto riflettere su alcune questioni) e devo dire che sono d’accordo con te su molte cose, ma non sui motivi della scelta veg: non credo che l’unico motivo valido sia quello etico. Dal mio punto di vista non è così sbagliato includere la salute nella scelta di eliminare la carne; certo, preso da solo è fanatismo, ma credo si debba riflettere su questo:se evitiamo il fumo o l’alcool perchè dannosi perchè non evitare anche certi cibi? Ovviamente questo presuppone che sia provato che la carne faccia male, e proprio questo è il secondo punto che non credo di condividere con te: tu sei assolutamente sicuro che l’uomo sia nato per mangiare la carne, io ne dubito da quando ho letto su una importante rivista scientifica (Science, mi pare) un articolo sull’alimentazione nel quale era scritto che è assodato che l’uomo è apparso sulla terra come animale frugivoro. Non solo i sitarelli di esaltati quindi ma anche scienziati affidabili (che poi se fosse vero sarebbe un punto molto importante a favore dei veg, quanto sarebbe più incisivo dire che, non solo si uccide e si tortura per avere la fettina nel piatto, ma lo si fa per capriccio, senza nemmeno la giustificazione della necessità di mangiare carne?).

    1. Ciao Shali,

      io non ho detto che siamo nati per mangiare la carne – dico che possiamo mangiare la carne e che questo cibo è sempre stato presente nell’alimentazione umana – e non.
      Non solo: purtroppo siamo programmati a pensare che la carne sia un cibo “pregiato”, motivo per cui i nuovi ricchi in Africa, Cina, Brasile etc. vogliono più carne sul loro piatto. E’ ovvio però che un cibo pregiato lo è perché, appunto, raro. La base della nostra dieta dovrebbe contenere soprattutto vegetali. Detto questo, a me non sembra fondamentale nessun tipo di ragionamento basato sulle categorie di “naturale”, perché l’unica cosa che la “natura” – un termine molto abusato – ci dice non è quello che DOBBIAMO fare ma quello che NON POSSIAMO fare. Non posso mangiare sassi, non posso bere acido cloridrico, non posso fare a meno della vitamina C o B12. Se nella mia dieta, in qualunque modo, soddisfo i miei fabbisogni sono nella “natura”. Per me il discrimine è solo: perché scelgo un rognone piuttosto di una pillola per soddisfare i miei bisogni di B12? e questo è un problema etico, non di “naturalità”.

  7. Sono arrivato a questo post digitando su Google “vegano flesssibile” e direi che il contenuto soddisfa in pieno i miei criteri di ricerca! Io sono stato vegetariano classico” per più di undici anni e negli ultimi mesi ho intrapreso una svolta tendenzialmente vegan, mantenendo un certo distacco dal veganismo ideologico e militante, ma cercando di metterne in pratica i presupposti di fondo. Direi che la posizione di Peter Singer forse riassume meglio di ogni altra la mia inclinazione attuale, e che nelle tue riflessioni ho trovato molti spunti utili per integrare, corroborare e/o correggere i ragionamenti che anche io sto facendo a mia volta in questo periodo (e sui quali non mi sono ancora deciso a scrivere nulla). Beh, grazie per la boccata d’ossigeno (anche se per me rimane ancora aperta la questione della B12 🙂 Poco a poco mi metterò a leggere anche gli altri articoli…

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