Questo post sarà un successo!

Questo post inizierà in salita: voglio proporvi nientemeno che un Gendankenexperiment – ossia un esperimento mentale. Ma prima di cominciare, ci tengo a precisare che se al termine di questa complessa operazione sarete più felici, non sarà assolutamente colpa mia: siete adulti (o almeno abbastanza) e dovete prendervi la responsabilità della vostra mente. Quindi sia chiaro, lo fate per il vostro bene e io non c’entro nulla.

Bene, iniziamo. Cominciate a scegliere una scena della vostra vita in cui le cose sono andate storte: la ruota bucata, il tubo rotto, l’esame andato male. Non scegliete avvenimenti che coinvolgono altre persone, solo voi contro le avversità del destino; e che non siano tragedie come malattie gravi, lesioni e ferite, lutti: è importante andare per gradi – il metodo funziona anche in situazioni estreme, ma c’è bisogno di pratica. Ora, se sentite un poco di ansia, è parte della procedura, ma vi avverto, potrebbe passare improvvisamente lasciandovi una sensazione di calma. Non dipende da me, né dalla

Come si sa può sempre andar peggio ... potrebbe piovere 😉

procedura. Ecco, ora provate a rivivere tutta la scena. Come eravate poco prima che il destino cinico e baro vi tirasse un colpo basso? Cosa è avvenuto? Visualizzate passo dopo passo, come fosse una moviola, ogni dettagliuccio. Supponiamo che abbiate scelto l’ultima volta in cui avete forato per strada: visualizzate il chiodo che si avvicina acuminato e sinistramente eretto sull’asfalto, e il vostro pneumatico, ignaro e sicuro, che ci rotola sopra. Poi quello che avete sentito, il rumore del copertone che sbatte sull’asfalto, e quello che subito dopo ha sentito l’universo, ossia tutta la sequela di improperi più o meno blasfemi che avete gridato contro il cielo muto – o forse anche un po’ stronzo … Il vostro buonumore andato in frantumi come in un cartone animato dei Looney Tunes. Cosa avete pensato in quel momento?

Vediamo…

Un esempio di ottimismo della volontà

Se avete pensato qualcosa come “No! Ma perché doveva capitare proprio ora! Che disastro!” oppure “Sapevo che non dovevo prendere questa strada! Mannaggia a me, faccio sempre così, non mi do mai ascolto, sono un perfetto idiota!”, ricadete nel gruppo che chiameremo “A”. Se invece avete pensato: “No! La ruota! Ok, ho crick e ruotino di scorta nel portabagagli, ce la farò” oppure: “No! Non ci voleva! Ma posso chiamare l’assistenza per cui ho l’assicurazione” o “ Aspetta, forse posso sentire se Mario, quel mio amico, è qui vicino e può darmi una mano” o “Forse c’è un gommista dietro l’angolo, provo a chiedere”, sarete inclusi nel gruppo che chiameremo B.
Ed ora il nostro esperimento. Tornate esattamente nell’istante in cui vi siete accorti del fattaccio che avete rievocato. Se il vostro è il gruppo A, riformulate tutti i vostri pensieri come se foste del gruppo B. Se siete del gruppo B, fate l’opposto e provate a considerare la situazione come farebbe un membro del gruppo A.

Gruppo A: come vi sentite ora? Ci siete riusciti? Diciamo che mi aspetto due reazioni. La prima: vi sentite meglio, ma vi state già dicendo che in quei momenti non è facile, che sarebbe bello pensare così ma che ci devi essere in qualche modo portato… Oppure vi sta venendo una certa rabbia, come se pensare come farebbe un tipo B fosse nel migliore dei casi da coglioni, nel peggiore irritante come Pollyanna.

Gruppo B: come vi sentite voi ora? Anche qui mi aspetto due reazioni. La prima: vi sentite decisamente peggio, e vi state già dicendo che per fortuna non reagite così, altrimenti chissà come ve la sareste potuta cavare in quel frangente. Oppure sta salendo anche a voi una certa rabbia, perché avendo conosciuto alcuni membri del gruppo A, sapete quanto sia difficile, faticoso e irritante sentirsi trattare da stupidi irrealistici nel momento in cui state cercando la soluzione con accanto qualcuno che lamentandosi e basta diventa parte del problema.

Ora, diciamo che il gruppo A, a vari livelli, è composto da persone con un atteggiamento pessimista, mentre il gruppo B brilla per ottimismo. Diciamo subito che il secondo gruppo se la passa mediamente meglio del primo, che sì, è molto meglio essere ottimisti nella vita, che chi è realisticamente ottimista (no, non come Pollyanna) vive in media più a lungo, con più soddisfazione e con più salute. Ma diciamo soprattutto che si può imparare a essere ottimisti!

Essere ottimisti, o pessimisti, non ha molto a che fare con un dono del cielo, quanto con un particolare stile cognitivo di spiegazione degli eventi, cioè dipende da come guardiamo gli avvenimenti della nostra vita selezionando come importanti alcune informazioni invece che altre.

In particolare, i due stili si differenziano per permanenza o temporaneità, universalità o specificità, causa interna (attribuita a se stessi) o causa esterna (attribuita ai fattori ambientali).
Chi è ottimista tende a spiegare gli eventi negativi attribuendo le cause all’esterno, giudicandole come temporanee e non fisse, e tende a limitare la spiegazione all’evento circoscritto. Al contrario il pessimista attribuisce la causa a se stesso (è tutta colpa sua), la spiegazione è sempre sistematica e stabile e soprattutto è globale e universale, ossia valida sempre e tutte le volte.
Questa prospettiva teorica sulle differenze tra ottimismo e pessimismo è dovuta in gran parte al lavoro di Martin Seligman, Christopher Petersen ed altri, che hanno iniziato negli anni novanta del secolo scorso una nuova corrente psicologica nota come psicologia positiva.

Intendiamoci, nulla a che vedere con vaghezze sdolcinate da new age o The Secret di Pulcinella: parliamo di esperimenti empirici e controllati e indagini statistiche. Roba che può essere smentita pubblicamente con altre ricerche, e quindi scientifica.

Insomma ci sono ottimi motivi per diventare più ottimisti, e si può diventare ottimisti: mi sembra già una buona notizia…

P.S.

Vi state chiedendo perché nel gruppo A qualcuno potrebbe reagire con forte rabbia? La risposta non è semplice, e occorre valutare caso per caso. Tuttavia è possibile che ci sia qualcosa di più che un po’ di pessimismo, e che siamo di fronte ad una vera e propria depressione. Nel caso, vi consiglio di rivolgervi a dei professionisti per avere tutto il supporto (o i chiarimenti) di cui avete bisogno.

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