Serial Resilient: misura la tua resilienza con le Serie TV!

di Stefano Ventura

Ricominciamo! Dopo anni di assenza per studio, improrogabili impegni, prorogabili vacanze (in effetti prorogate, ma quest’anno ce l’ho fatta!) e ozio sfacciato, Non sono Sigmund torna con l’intenzione di rimanere. Nei prossimi mesi riprenderemo a parlare di psicologia “quotidiana”, rigorosamente (o quasi) in chiave pop. Passeremo in rassegna le idee più o meno strane che tutti noi abbiamo sulla psicologia (le cosiddette teorie naïf), ci stupiremo della nostra incredibile capacità di credere a quello che tutti credono, mediteremo su quanto sia difficile dire di no in certe situazioni, e se tutto va bene entro Natale discetteremo anche di regali. Per ora un programma ambizioso, non credete? E questo solo per i prossimi mesi …

Ricominciamo quindi! E quale argomento migliore per ricominciare proprio della “difficoltà a ricominciare”? D’altronde le ferie sono finite, incombe lo stress quasi post – traumatico del rientro in auto, del rientro al lavoro, del rientro in metro, del rientro a scuola, e nell’aria già aleggia la melanconia dell’autunno, le foglie che cadono, il cielo grigio, la pioggia, il freddo e … eccoci lì a pensare a cosa fare a Capodanno!

Per dirla in modo più scientifico, in questi giorni dovremo dare prova di resilienza, ossia della nostra capacità di fare fronte in modo efficace alle difficoltà della vita, talvolta molto gravi, mantenendo un buono stato di salute psicofisico. Quanto siete resilienti? Potete scoprirlo con un test alla fine di questo post. Potete anche andare a farlo subito, ma se resistete, prima vorrei ripassare con voi…

…un po’ di storia

Ad usare per prima il termine “resilienza” fu Emmy Werner negli anni 70 (1). Studiando un gruppo di bambini hawaiani con genitori alcolisti o schizofrenici, scoprì che due terzi di loro mostravano comportamenti problematici, spesso violenti. L’osservazione longitudinale(2), ossia protratta negli anni, dimostrò che questi problemi iniziali potevano peggiorare e diventare disoccupazione cronica, abuso di sostanze e, nel caso delle ragazze, gravidanze precoci. Tuttavia un terzo di questi bambini non mostrava queste difficoltà. Werner ideò una definizione per questo gruppo di bambini: “resiliente”.

La prima ricerca sulla resilienza fu pubblicata nel 1973 (3). I dati epidemiologici, cioè quelli sulla diffusione delle malattie nella popolazione, sembravano dimostrare che esistevano alcuni fattori protettivi, che divennero poi parte della definizione stessa di resilienza. Ovviamente, come si dice di solito, la ricerca è “andata avanti” e si è concentrata più che sui fattori della resilienza (intesi come qualcosa di statico: o ci sono o non ci sono) sui processi che la promuovono (e che quindi possono essere promossi se non ci sono, e sostenuti se già sono presenti) (2,4, 5)

Posso diventare resiliente?

Ma la resilienza si può coltivare? In altre parole, cosa possiamo fare per diventare più resilienti, o mantenere in buona salute la nostra resilienza?

L’APA (American Psychological Association), l’associazione americana che più o meno corrisponde al nostro Ordine Nazionale degli Psicologi, dà 10 suggerimenti per aumentare, mantenere e rinforzare la resilienza:

1. Mantenere buoni rapporti con i nostri familiari, inclusi partner e amici: l’isolamento peggiora il senso di fragilità e impotenza e può aumentare ansia e depressione;

2. Cercare di non interpretare problemi e crisi come problemi insormontabili, ossia evitare il cosiddetto pensiero catastrofico: un buon esame di realtà, ossia considerare la situazione da più punti di vista, aumenta le informazioni che possiamo usare per trovare una soluzione;

3. Imparare ad accettare le circostanze che non possono essere cambiate (suggerimento: mai pensato di provare la meditazione?): imparare a riconoscere quello su cui possiamo agire ci evita di sprecare tempo ed energie in imprese impossibili;

4. Stabilire obiettivi realistici e perseguirli;

5. Agire con decisione nelle situazioni difficili: perseveranza e “grinta” sono una grande risorsa;

6. Imparare da quello che ci accade: le situazioni stressanti o difficili possono darci l’opportunità di imparare molto su di noi;

7. Sviluppare la fiducia in se stessi: fare tesoro di ogni successo e imparare a riconoscere le auto-svalutazioni, ossia quei discorsi critici che rivolgiamo a noi stessi. Le critiche continue non hanno mai aiutato nessuno!

8. Guardare le situazioni in una prospettiva a lungo termine, ampliando il contesto in cui stanno avvenendo;

9. Coltivare la speranza, ossia guardare alla situazione con ottimismo;

10. Prendersi cura di sé, facendo regolarmente esercizio fisico, e rispettando i propri bisogni e sentimenti.

Facile no? Ok, diciamo che su alcuni punti ci sarebbe da spendere molto più tempo (come coltivare la speranza, o meglio un ragionevole ottimismo? Cosa significa veramente stabilire obiettivi realistici? La fiducia in se stessi si può sviluppare? e come?). Vista l’ampiezza dell’argomento sicuramente ci saranno altri post in cui approfondire un po’ di più.

C’è però un aspetto che non è esplicitamente citato nei 10 punti dell’APA e di cui vorrei approfittare subito: l’importanza dell’umorismo per rinforzare la capacità di resistere (6). Per questo vi propongo addirittura un test che spero diverta voi tanto quanto ha divertito me nell’immaginarlo. Come sempre, non ha nessuna pretesa di affidabilità: costruire un test psicologico valido, cioè che misuri effettivamente quello che dice di misurare, è un lavoro complesso che richiede competenze, tempo e risorse. Si tratta solamente di un gioco, in salsa pop.

Misuriamo la nostra resilienza con le serie TV!

Perché proprio con le serie tv? Innanzitutto perché cosa c’è di più complicato, stressante, addirittura traumatico (per i protagonisti, ovviamente) delle trame delle nostre serie preferite? Anzi, potremmo dire che più gliene succedono, più un personaggio diventa popolare: Daenerys ne subisce tante e le supera tutte, Piper Chapman sembra la definizione stessa di resilienza, e neppure Carrie Bradshaw  scherza quanto a “resilienza sentimentale”.

Ora che mi rileggo, ho citato solo donne, forse dovrei rifletterci su… ma c’è tempo!

Inoltre, avendo collaborato a Il mio primo dizionario delle serie tv cult. Da Twin Peaks a Big Bang Theory (2016, alla sua quarta edizione) e a Il mio secondo dizionario delle serie tv cult. Da Beverly Hills a The Walking Dead (2017), scritti da Matteo Marino e Claudio Gotti e pubblicati da BeccoGiallo editore, ci ho preso gusto.

Avvertenza: le serie sono tante (e se ora, come me, in testa state canticchiando: milioni di milioniii… rassegnatevi: è un lieve tratto di personalità ossessivo-compulsivo oppure il segno che il tempo passa e come me non avete più vent’anni). Le domande del questionario potrebbero fare riferimento a serie che non conoscete. Come comportarsi in questo caso? L’unica risposta di buonsenso è correre a vedere tutte le stagioni della serie citata per rimediare. Se al contrario volete tirare giù risposte un po’ a naso, seguendo il vostro istinto, allora non mi assumo responsabilità: il test potrebbe azzeccarci davvero!

Ora il test!

Trono di Spade: quale frase ti descrive di più?

Guardando una puntata di Sherlock, di solito ti senti

Mentre guardi e riguardi le prime due stagioni di “The Killing”, quali di questi oggetti ti sembrano più sexy?

Nella tua cerchia Sense8 vorresti

Frank Underwood for President?

Fringe ti piaceva perché...

A proposito di Sex&theCity, avrei voluto farvi la domanda più ovvia, poi ci ho ripensato. Così vi faccio questa: scegli tra questi, così, senza pensare troppo

Per giocare al dottore, meglio ...

Tra gli struementi di Dexter il più utile è

Domanda facile per concludere: chi ti sembra più “resiliente” tra i personaggi di “The Big Bang Theory”

Serial Resilient: misura la tua resilienza con le Serie TV
Un giorno da leone? Meglio 50 da orsacchiotto

Tutto ok! Diciamo solo che non alzi barricate, non fai grandi battaglie, non disdegni una ritirata strategica e qualche volta ti lamenti anche un po'... Certo potresti essere più "duro", mostrare più grinta, almeno qualche volta. Comunque niente paura: c'è tempo e almeno finora non ne hai avuto (per fortuna) un disperato bisogno. Se ti sei riconosciuto in questo breve profilo e vuoi sapere perché leggi qui
Normalman!

Un eroe del quotidiano: non temi il logorio della vita moderna, anche se non voli alla velocità della luce, le pallottole non rimbalzano sul tuo petto e non hai la vista a raggi X. Comunque tutto sommato te la cavi, hai abbastanza grinta, abbastanza resilienza, abbastanza ottimismo. E se te ne servisse un po' di più? Come sarebbe la tua vita con una spintarella verso l'infinito e magari oltre? Ammettilo: qualche volta ci pensi anche tu! Se questo profilo ti rispecchia e vuoi sapere perché, clicca qui.
Praticamente Wolverine

Gene X, adamantio nelle ossa e grinta "da bestia": a spararti si sprecano solo i proiettili, tanto guarisci quasi istantaneamente (anche se i colpi li senti eccome!). Quando cadi, ti rialzi e più incaxxato di prima: conosci le tue risorse, sai puntare al risultato, ma qualche volta pretendi troppo da te. Ma chiedere un aiutino non significa non essere resilienti, anzi il contrario. Comunque avanti così, alla grande! Se ti seri riconosciuto in questo profilo e vuoi sapere perché, clicca qui.

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1) Werner, E. E. (1971). The children of Kauai : a longitudinal study from the prenatal period to age ten. Honolulu: University of Hawaii Press, ISBN 0870228609.

2) Garmezy, N. (1973). “Competence and adaptation in adult schizophrenic patients and children at risk”, pp. 163–204 in Dean, S. R. (Ed.), Schizophrenia: The first ten Dean Award Lectures. NY: MSS Information Corp.

3) Werner, E. E. (1989). Vulnerable but invincible: a longitudinal study of resilient children and youth. New York: McGraw-Hill, ISBN 0937431036.

4) Luthar, S. S. (1999). Poverty and children’s adjustment. Newbury Park, CA: Sage, ISBN 0761905189.

5) Pedro-Carroll, JoAnne (2005). “Fostering children’s resilience in the aftermath of divorce: The role of evidence-based programs for children”. Children’s Institute, University of Rochester. p. 4. Retrieved 30 March 2016.

6) Ruch, W.; Proyer, R. T.; Weber, M. (2009). “Humor as a character strength among the elderly”. Zeitschrift für Gerontologie und Geriatrie. 43 (1): 13–18. doi:10.1007/s00391-009-0090-0. PMID 20012063.

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