TEST: la meditazione fa per te?

Meditare è efficace, ossia ha degli effetti su di noi, la nostra mente e anche su alcuni aspetti fisici.  Proprio per questo occorre fare un po’ di chiarezza: meditare non è sempre per tutti. Ci sono delle condizioni di disagio per cui la meditazione, soprattutto quella di calma e consapevolezza, può essere sconsigliata.

Il breve “test” che vi propongo sotto può darvi qualche indicazione, o ancora meglio farvi venire dei dubbi, che sarò felice di chiarivi.  Ecco il “test”.

Facciamo una prova. Ora. Prendi una sveglia, quella del tuo cellulare andrà benissimo. Punta un allarme per 5 minuti. Smetti di leggere, seduto come sei, occhi aperti o chiusi non è importante – e stai con quello che accade. Non intervenire, non afferrare i pensieri che ti scorrono in testa, e soprattutto non metterti a scacciarli! Non cercare di concentrarti. Stai semplicemente seduto, osserva e ascolta. A tra un po’.

Bene, com’è stato? Quello che hai appena provato ad esercitare è l’aspetto fondamentale della meditazione: imparare a stare con quello che c’è. Per ciascuno di noi è stato differente, ed è sempre differente, ma per ora possiamo da subito iniziare a classificare quello che è successo in categorie molto ampie.

Tanti pensieri!” È stato lungo, e ti sei reso conto che c’erano tanti pensieri, magari avevi voglia di muoverti, forse lo hai fatto, forse hai pensato che non si doveva (anche se non l’ho detto, quindi da dove veniva quest’idea?). Qualche volta hai provato a lasciar andare, ma non ti era proprio chiaro che significasse, e hai anche provato a fermare i pensieri – senza grandi risultati. Però alla fine, un certo senso di calma c’è, non troppa forse, ma come se fosse una sensazione in sottofondo. Bene, hai intravisto uno dei frutti della pratica meditativa: una mente calma, chiara e in pace. Che ne diresti di provare coltivarla sistematicamente?

Difficile! Ero agitatissimo!” Hai sentito che non era facile starsene seduti e basta. Pruriti, sensazioni fisiche, voglia di muoversi sono state molto presenti. Forse hai anche pensato che non dovevi muoverti (anche se non l’ho proprio detto) e questo ti faceva sentire ancora più irrequieto. Ora, ti chiedo di focalizzarti sull’esperienza, e rispondere a questa domanda: ti sei sentito molto ansioso? Hai sentito un senso di costrizione, forse all’altezza del torace, come se un po’ ti mancasse il respiro? Se la risposta a queste domande è “sì”, bene – molto probabilmente non è il momento migliore per iniziare a meditare. Almeno per ora. Quello che hai provato è un insieme di sintomi ansiosi, che quest’esercizio non ha provocato ma solo messo in luce. Significa che c’è qualcosa di cui devi prenderti cura, prima di iniziare un percorso di sviluppo della mente-cuore attraverso la pratica e la meditazione. Come? Il mio consiglio è rivolgerti ad uno psicologo per un colloquio: solo dopo che avrai approfondito con l’aiuto di un esperto potrai approcciarti alla meditazione.
Se la risposta è “no, ero solo agitato”, bene, sono felice di comunicarti che l’agitazione è del tutto normale (entro certi limiti) ed è un compagno che imparerai a conoscere lungo il sentiero della pratica. Se deciderai di intraprenderlo.

Non so, ero confuso: ma che dovevo fare esattamente?” stare seduto, per cinque minuti. Ma la mente ha iniziato ad avere dubbi: che devo fare? qual è lo scopo? Lo sto facendo bene? Ma cosa sto facendo bene? Forse lo sto facendo male o mi sarei accorto di farlo bene… Il dubbio, la confusione è un altro compagno di strada quando meditiamo e, come per l’agitazione, impareremo a conoscerlo – con calma. Per ora, la risposta ai tuoi dubbi era: stare seduti, magari in pace, per 5 minuti. Non sembrava difficile vero? eppure…

Mi sono sentito triste”. Ecco un altro risultato inatteso di questo semplice esercizio. Assieme a quest’umore triste, che forse provi solitamente durante la giornata, potresti aver provato dei sensi di inadeguatezza o colpa, assieme a dei pensieri piuttosto persistenti di critica nei tuoi confronti e sulla situazione che stai vivendo. Se ti è accaduto questo, anche per te molto probabilmente non è il momento migliore per iniziare a meditare. Almeno per ora. E vorrei consigliare anche a te di rivolgerti ad uno psicologo, perché quelli che hai provato possono essere segnali di depressione: una condizione di cui è necessario prendersi cura. Questa è una raccomandazione valida anche se stai attraversando un periodo difficile a causa di una separazione, della perdita di un familiare o del lavoro. Non è un buon momento per intraprendere questo percorso. Può sembrarti un atteggiamento duro forse, ma la condizione migliore per iniziare a praticare è la condizione di “normale infelicità” (come diceva Sigmund Freud), a partire dalla quale possiamo costruire una inaspettata felicità (come diceva un grande monaco buddhista tailandese, Achan Chah).

Che noia!” Non succedeva gran che, e forse sentivi anche una certa scomodità, doloretti più o meno intensi. E un senso generale di rifiuto: che perdita di tempo! Magari ti sei anche sentito sciocco, e hai cominciato a criticarti: sicuramente non sei in grado di fare quest’esercizio. Bene, questa condizione è piuttosto frequente per chi medita. Si chiama avversione. Si manifesta come insofferenza, critica, rabbia, disprezzo, addirittura punte di odio (qualche pensiero riguardava persone o situazioni difficili?). L’avversione è un grande ostacolo, o meglio un compagno difficile dei meditatori con cui occorre imparare a trattare. È importante che tu sappia che non hai sbagliato nulla di quest’esercizio, anzi è andato molto bene: hai preso coscienza di uno stato che spesso rende difficile le vite di tutti. Come sarebbe se non fossimo inquinati da questo rimuginio ostile nei confronti di noi stessi e del mondo? Meditare serve anche a questo.

Bene, ma a un certo punto mi è venuta voglia di…” Una cosa qualsiasi, o anche solo muoverti, così senza che ci fosse un vero problema. Magari ti è venuta voglia di un caffè, o di variare un po’, hai iniziato a fantasticare, belle fantasie intendiamoci, piuttosto piacevoli. O se stavi con gli occhi aperti, hai notato qualcosa che ha catturato la tua attenzione e… poi la sveglia ha suonato. Bene, questo stato si chiama desiderio. Cerchiamo sempre intorno qualcosa di piacevole, uno stimolo, un cambiamento, una fantasia. E come noi tutti gli esseri senzienti, ossia gli animali, siamo guidati dal desiderio e cerchiamo qualcosa di piacevole (cercando di evitare per quanto possiamo lo spiacevole). Però a rifletterci un attimo, vivere all’ombra del desiderio è vivere in uno stato di perenne mancanza. L’esperienza piacevole che cerchiamo, ci darà sicuramente un certo appagamento, anche se saremo poi di nuovo alla ricerca di altro – senza considerare poi che potremmo non trovare quello che desideriamo. La vita è complicata, no?
Così vivere seguendo la guida del desiderio potrebbe essere una buona strategia, se e solo se riuscissimo ad avere un controllo pressoché completo della nostra esperienza, ottenendo quello che desideriamo. Altrimenti – tanto per citare di nuovo Freud – ci troveremo nel nostro comune e abituale stato di “normale infelicità” (che a questo punto dovrebbe iniziare a insospettirci…). E se ci fosse un modo per provare lo stesso godimento appagante senza dover inseguire uno stimolo? Ecco, la meditazione può condurci a questo stato di integrazione e appagamento – che è sempre disponibile. Varrebbe la pena provare?

Ho avuto una serie di immagini strane, vivide, e mi sono sentito distante dal mio corpo, come se non esistesse più, o si modificasse…” Ok, non c’è un modo semplice per dirlo, ma dovresti rivolgerti anche tu ad uno psichiatra o psicologo, perché anche per te molto probabilmente non è il momento migliore per iniziare a meditare. E non vorrei metterti fretta, ma se oltre a quest’esperienza, sei una persona con pochi o nessun amico, taciturna, molto sensibile, che inclina a fantasticare e ha avuto esperienze che potresti definire inusuali, strane, o che faresti fatica a condividere, oppure le persone che ti conoscono ti definirebbero molto eccentrico, molto creativo, poco prevedibile, con un umore che cambia con estrema facilità, ecco se ti riconosci in questo quadro, rivolgersi ad un professionista della salute mentale potrebbe essere molto indicato. Intendiamoci, siamo tutti molto diversi, e non voglio stigmatizzare la fantasia, la creatività, l’introversione o l’originalità, anzi! Tuttavia, prima di incoraggiarti ad affrontare un percorso che non è adatto a tutti, mi corre l’obbligo morale di consigliarti per il meglio. Primum non nocere, “per prima cosa non fare male” dicevano i latini parlando della medicina – e visto che meditare in un certo senso è curarsi dal “male di vivere” , voglio essere certo che nessuno venga danneggiato, perché ha delle esigenze particolari di cui prendersi cura. Tuttavia, sentiti libero di continuare a leggere: questo a nessuno è sconsigliato.

Tutto bene, ero tranquillo, i pensieri non c’erano quasi, ero in pace, felice ed appagato”. Ottimo! Sei un bel po’ avanti. Questo è lo stato che vorremmo coltivare meditando, per raffinarlo sempre più e coltivare una mente chiara. Da questo stato libero e integrato, potremo poi lavorare su cosa continua a bloccare il flusso della nostra esperienza di vita, per liberarci sempre di più.

Tirando le somme, forse concorderete con me che non è affatto facile stare seduti in pace con quello che c’è. Questa è forse l’esperienza più inaspettata che si possa fare, considerando che non abbiamo impiegato niente di particolare, anzi, a dirla tutta, non abbiamo proprio impiegato niente. Tuttavia è un’esperienza stranamente familiare, tutti sappiamo che non è semplice starsene tranquilli, eppure probabilmente non ci abbiamo mai fatto esplicitamente caso. Ecco, questo semplice esercizio ci mette di fronte a due aspetti molto interessanti della pratica meditativa: questo strano senso di familiarità, che potremmo definire perturbante, e l’ampiezza della nostra esperienza che semplicemente trascuriamo, ossia verso cui non siamo abituati a portare attenzione.

Queste due scoperte sono il centro dell’avventura meditativa, perché la prima ha a che fare con la conoscenza di sé: gli aspetti della nostra esperienza che ignoriamo, ma che pure ci determinano, sono tantissimi, e fin troppo spesso non riusciamo a metterci in dialogo con il compagno familiare e misterioso che ciascuno di noi è a se stesso. Ma questa ombra familiare ed estranea che siamo, si manifesta in molti modi talvolta contro la nostra volontà: l’agitazione, l’avversione, i desideri, i pensieri che ci attraversano la mente senza un vero controllo, le reazioni del nostro corpo, l’impressione di subire le nostre emozioni, sentimenti ed umori.

Tutto quello che si è manifestato in soli 5 minuti di semplice “stare con quello che c’è”: e quello che c’è, spesso non lo conosciamo. Meditare significa lavorare su questo, o meglio sull’atteggiamento da tenere con questo estraneo familiare. E la seconda scoperta è strettamente legata alla prima, o meglio con la costruzione di quello che chiamiamo “la nostra vita”, attraverso gli schemi abituali e inconsapevoli con cui irrigidiamo la nostra attenzione: in breve finiamo per notare alcuni aspetti dell’esperienza, e trascurarne altri, tanto che un passo dopo l’altro, come una valanga che si sviluppa da una singola pietra, finiamo per sentirci travolti dalle reazioni automatiche a quello che ci accade.

3 pensieri su “TEST: la meditazione fa per te?

    1. Grazie 🙂 l’intento è proprio quello di dare qualche coordinata in più, di suggerire che il disagio che le persone portano nella pratica, in alcuni momenti può avere bisogno di una cura differente.
      A presto!

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