Vergognometro: test semiserio per psico-villeggianti

Il caldo non demorde, e tutti sentiamo l’obbligo fisico di rinfrescare il corpo e la mente. Che cosa c’è di più estivo di un test (semiserio) su un sentimento scottante come la vergogna?

Questo “rosso” stato emotivo, che tradisce sempre se stesso e chi la prova provocando imbarazzo, balbettamento e l’immancabile rossore (appunto), è un importante regolatore della nostra vita sociale. Ci vergogniamo più volte al giorno, e più volte al giorno proviamo i sentimenti “fratelli” della vergogna:  il neutro imbarazzo, l’etico  e difensivo pudore, il rimorso del senso di colpa. Questi sentimenti sono importantissimi e nessuno privo di imbarazzo, pudore, senso di colpa e vergogna potrebbe essere definito psichicamente sano. Ora però non voglio anticiparvi nulla.

Pronti per il test?

Segnatevi le risposte, mi raccomando.

1) Si spalancano le porte dell’ascensore ed ecco di fronte a te il tuo collega con le dita nel naso. Tu

  1. Chiedi scusa
  2. Fai finta, senza alcuna credibilità, di non aver visto nulla, e premi di corsa il tasto del piano… sperando che non l’abbia fatto prima lui
  3. Lo rimproveri disgustato e giurando che tutto l’ufficio saprà dell’ignobile pratica solitaria in cui l’hai colto

2) Un classico: entri in una farmacia affollata per chiedere una nota pomata per le emorroidi. Il solerte farmacista urla dal retro con chiaro timbro tenorile “La vuole con l’applicatore rettale?”. Tu

  1. Ti guardi intorno non riuscendo a rispondere. Il farmacista torna al banco e, seccato, con lo stesso tono ti incalza: ”Insomma, lo vuole l’applicatore rettale o no?”. Ti senti come paralizzato…
  2. Rispondi in controcanto:”Sì, e misura maxi grazie!”
  3. Fuggi

3) In ufficio un/una collega inaspettatamente ti fa delle confidenze sulla sua vita sessuale. Tu

  1. Ti blocchi
  2. Prendi appunti
  3. Ti tocchi (… qui era necessaria – ma i più giovani non avranno capito il riferimento, che peccato.)

4) La vergogna è

  1. Una ineliminabile componente emotiva della nostra esperienza di animali sociali
  2. Quello che tua madre ti diceva che tu non avevi, perché a comportarsi come ti comporti tu c’è solo da vergognarsi, sai che ho ragione, mio dio che vergogna! Perché ho avuto un figlio così? Sempre lì a fare il porco comodo suo: ma chi ti credi di essere, eh? Mica sto qui a fare la serva a te, sai!
  3. Quella che dovrebbe provare mio figlio, perché a comportarsi così con me, sua madre, che gli voglio così bene, e lui/lei, lo sa… e poi come si concia, con chi esce, che fa tutto il giorno? Dio che vergogna!

5) Scivoli a casa. Provi

  1. Vergogna
  2. Che botta!
  3. Rabbia

6) Scivoli per strada. Provi

  1. Vergogna
  2. Che botta!
  3. Rabbia

7) Assisti serenamente al tuo show pomeridiano preferito in diretta. La bionda/mora/rossa/castana presentatrice accoglie l’ospite in studio e mentre pronuncia il suo nome, dalla sua graziosa gola prorompe inconfutabile un rutto (mai andare in scena, dopo aver bevuto birra). Tu

  1. Sbotti a ridere fino all’asfissia, e pubblichi il video su youtube per condividere il divertimento
  2. Ti blocchi come una lepre coi fari puntati la notte
  3. Chiami indignato la redazione perché tolgano le bevande gassate alla valente anchor-woman

8 ) Come Marilyn, passi sulla grata della metro e

  1. La gonna vola su e tu ti vergogni
  2. La gonna vola su e tu ti imbarazzi
  3. La gonna vola su e tu ti senti sexy!

9) È sera, e steso/a a letto stai per concederti il meritato riposo, quando il ritmico rumore di un letto  che sbatte, proveniente dal soffitto,  ti risveglia e

  1. Ti fa arrossire
  2. Ti fa ridacchiare
  3. Ti fa appisolare:  proprio quello che ci voleva

10) Hai fatto questo test provando soprattutto

  1. Fastidio, come se avessi un eczema genitale e non riuscissi a dirlo al tuo medico curante
  2. Incontenibile gioia di vivere. O senza arrivare a questi livelli di giubilo, mi sono comunque divertito/a.
  3. Niente. Proprio niente… forse dovresti rifarlo, però, dai! Proprio niente, no!

E ora i risultati.

Ho usato come modello quelle affidabilissime griglie di correzione dei test estivi: conta le risposte, se sono di più le risposte “1” sei così, se sono di più le “2” sei cosà e così via. Quindi contate le vostre risposte e seguite la correzione. Al termine, come al solito, ci sarà una Dotta Discussione sull’autoconsapevolezza oggettiva e la nascita delle emozioni autocoscienti valutative.

Vi ricordo che quello che vi ho proposto NON E’ UN VERO TEST PSICOLOGICO! Per fare un vero test ci vogliono tempo, fatica e tanta statistica. Nessuno di questi ingredienti è stato usato in questo che è un semplice gioco.

Ecco i profili.

Maggioranza di “1”: Non c’è che dire, ti vergogni e non eviti di ammetterlo. Sarà un bene? Questo è difficile da dire, forse qualche volta vorresti che il giudizio degli altri pesasse meno sulla considerazione che hai di te. E proprio il fatto che non eviti di ammetterlo è il tuo asso nella manica: puoi chiederti quanto siano giustificati i motivi della tua vergogna, e cambiare rotta. Col tempo. Non è un compito facile: si tratta di imparare a riconoscere sempre più quello che ha davvero valore per noi e giudicare il nostro operato in base ai nostri criteri, piuttosto che riferirci a giudizi esterni che magari non condividiamo nemmeno. Se leggerai la Discussione Dotta, potrai scoprire come “troppa” vergogna porti a esiti davvero deleteri.

Maggioranza di “2”: Ti vergogni come tutti, ma preferisci pensare di vergognarti meno degli altri. Tant’è che talvolta finisci per sembrare sfacciato/a pur di non cedere a quest’emozione.  Facendo questo hai imparato che l’umorismo è un ottimo antidoto alla vergogna – se l’imbarazzo blocca, la risata sblocca e guarisce. Purché non sia di scherno a se stessi o agli altri, ma di partecipazione e di empatia. I test da spiaggia non sono test da spiaggia se non danno consigli, quindi mi vedo obbligato a darne almeno uno: finora hai imparato a ridere per non vergognarti; puoi anche provare a ragionare su quanto la tua vergogna sia giustificata (vedi  il profilo “1”).

Maggioranza di “3”: Diciamo che hai poca dimestichezza con la vergogna. Forse ti capita raramente di provarla o forse ti capita più spesso di negarla anche a te stesso. D’altronde questo è un sentimento molto difficile: anche solo parlarne mette a disagio. Come se ci vergognassimo di vergognarci. Il consiglio dell’estate è: se ci sono aree della tua vita che ti mettono così a disagio da escluderle del tutto, potresti considerare la possibilità, con pazienza, di riprenderle. Magari con un aiuto.

Discussione Dotta

M. Lewis, nel suo illuminante “Il Sé a nudo”, rintraccia le origini della vergogna e dei sentimenti a questa affini, imbarazzo, pudore, senso di colpa e orgoglio, intorno ai 18 -24 mesi di vita, quando il bambino giunge alla fase dell’autoconsapevolezza oggettiva.  In quel momento tutti noi siamo stati in grado di considerare noi stessi in modo “oggettivo”, ovvero come se ci guardassimo da fuori e potessimo applicare a noi stessi le regole che avevamo imparato e stavamo ancora imparando.  Proprio come nel racconto biblico di Adamo ed Eva che si vergognano solo dopo aver mangiato il frutto della conoscenza, ora il bambino sa di  esistere e essere giudicato. Questa operazione non è affatto semplice e richiede che riusciamo a metterci nei panni di un altro, tipicamente il genitore, e si possa immaginare cosa proverebbe quest’ultimo per noi a causa del nostro comportamento. Infatti, un precursore di questa capacità è proprio lo sviluppo dell’empatia, che ha due aspetti: uno cognitivo – comprendere le reazioni dell’altro e la situazione in cui si trova – e uno emotivo, cioè immaginare le sue emozioni fino ad arrivare a provarle; da qui a dispiacersi perché mamma si dispiace per quello che ho fatto il passo è breve.
Ma nella vergogna c’è qualcosa di più e di più pericoloso del semplice dispiacersi riflessivo per una nostra azione, che invece appartiene al senso di colpa. C’è un giudizio globale su di noi: quando ci vergogniamo sentiamo di non andare bene per quello che siamo, non per quello che facciamo. Mentre quando proviamo senso di colpa,  possiamo cercare di attenuarlo cercando di riparare il danno, l’unico modo che abbiamo di uscire dalla vergogna è il perdono: solo se la persona verso cui ci vergogniamo ci “restituisce” la stima di noi stessi possiamo risolvere il nostro stato di sofferenza.
Non sto esagerando quando uso il termine “sofferenza”, perché l’esperienza della vergogna è tra le forme più acute di disagio psichico e uno degli strumenti più potenti di regolazione del comportamento; i genitori sanno che la vergogna fa parte del mix educativo di ogni bambino.  Solo che la vergogna, quando è cronicamente pervasiva, può provocare depressione, narcisismo patologico e una forma particolare di rabbia senza oggetto che Lewis definisce “furore”. Si tratta di una reazione più tipica degli uomini che delle donne, che invece tendono a svalutarsi cronicamente e poi a deprimersi, e consiste nel tentativo di rimuovere con un comportamento aggressivo l’ostacolo che genera la frustrazione cronica in cui versa chi lo prova, solo che nulla di esterno ha davvero provocato quello stato così penoso, e ogni atto violento o vandalico non fa che aumentare il senso di impotenza e frustrazione innescando una spirale di violenza. Lewis suggerisce che dietro i comportamenti di criminali e teppisti ci sia proprio questo: una persistente disistima di sé dovuta ad un’altrettanto cronica vergogna.

Ma come si fa ad evitare che la vergogna non degeneri? Come evitare il suo effetto tossico? C’è una ricetta abbastanza semplice e chiara: dare giudizi sul fare e non sull’essere, ovvero criticare le azioni non le persone. Se i nostri figli o chi ci sta accanto sbagliano è meglio dire: “Questa cosa che hai fatto è una stupidaggine!”, piuttosto che “Sei stupido? Ma che hai fatto?” – meglio un “Ben fatto!” che un “Brava!” . E il femminile di quest’esempio non è a caso, perché i genitori tendono a dare più giudizi globali positivi o negativi sulle bambine (“Brava!” o “Cattiva!”) che sui bambini.  Cosa che contribuisce ad acuire la disponibilità a vergognarsi nelle donne.
Da ultimo, un appello alle mamme (e ai papà). Sembra, dati empirici alla mano, che siano proprio le mamme a usare di più la vergogna come strumento educativo, sia con le bambine che con i bambini. I papà invece usano il più sano senso di colpa con i maschietti e la vergogna con le femminucce. Mamme (e papà)! Imparate a far sentire in colpa ugualmente maschietti e femminucce e vi assicuro che nello spazio di una generazione raggiungeremo un mondo più paritario e con meno stereotipi di genere!
O almeno con persone che si vergognano meno ma si curano di più di quello che fanno.


 

4 pensieri su “Vergognometro: test semiserio per psico-villeggianti

    1. Ottima domanda. Gli studi si sono limitati a fotografare una situazione. Penso sia un tratto culturale, anzi, trans-culturale, e credo abbia a che fare con la repressione della capacità femminile di agire ed avere una autonomia. Penso ci sia un discorso sessuale sotto: la vergogna è uno dei sentimenti più legati alla sessualità per le donne, tanto che le vittime di stupro si vergognano di essere “vittime”. La vergogna è un modo di bloccare una persona in quanto tale ed aumentare la sua dipendenza da chi può riabilitarla perdonandola.

      1. Quindi una forma di “sessismo educativo inconscio” (ma per alcuni genitori “inconscio” neanche più di tanto) ?? Potrebbe essere legato all’ossessione atavica per la continenza femminile (e qui azzardo una teoria, il solito paradigma percui “i maschi DEVONO scopare per riprodursi, le femmine invece vanno tenute sotto controllo”). Se è così, il femminismo ha ancora tanta strada da percorrere ….

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