Il bello, il brutto e il bulletto: anatomia di una notizia

Il 12 maggio il Corriere.it titolava “Belli per difendersi dai bulli. È boom di chirurgia estetica tra gli adolescenti. Negli Usa il fenomeno è aumentato del 30% negli ultimi 10 anni”. È boom anche nella mia immaginazione. Così mentre fantastico scene di sale d’aspetto delle cliniche di chirurgia plastica piene di adolescenti disperati, accompagnati da mamme e papà altrettanto preoccupati, nella mia mente parte una predica su questi genitori, incapaci di denunciare alla scuola e alle autorità i soprusi subiti dai figli. Questa magmatica incavolatura mi monta dentro costruendo complicate interpretazioni sui criteri di giudizio sociali interiorizzati, conditi da discorsi sulla nostra natura di primati (ossia di scimmioni) che tendono sempre a escludere il diverso dal gruppo.  Leggo d’un fiato l’articolo, che parlando della situazione italiana cita come fonte i ricercatori de LaClinique, una clinica di chirurgia estetica …

Un dubbio sottile sul reale peso di quest’articolo inizia ad insinuarsi in me.
Decido che devo approfondire, mi armo di browser e navigo direttamente fino la fonte della notizia…Arrivo così sul sito dell’American Society for Aesthetic Plastic Surgery citata dal Corriere.it, e scopro che il numero degli interventi plastici per gli under 18 nel 2010 sono stati 125.397 in tutti gli Stati Uniti, pari a circa l’uno per certo del totale degli interventi (lo potete leggere in basso nell’articolo, dopo una rassegna stampa istruttiva, che dovrebbe essere stata consultata anche dal Corriere.it). Ora la popolazione di adolescenti (15-19 anni) stimata dalle autorità degli Stati Uniti nel 2010 è di 22.104.183; quindi gli adolescenti “rifatti” sarebbero circa lo 0,56% del totale.  Di questa percentuale non sappiamo chi ha voluto affrontare un intervento di chirurgia estetica per necessità (una cicatrice deturpante ad esempio), per suo intimo desiderio o per sfuggire le angherie dei coetanei. E non solo: ignoriamo l’estrazione sociale di questi adolescenti, la distribuzione per sesso, se frequentano scuole pubbliche o private, se i genitori si siano a loro volta sottoposti ad un intervento di chirurgia estetica.
Il dubbio cresce.
Cerco allora la percentuale di adolescenti tra i 15 e i 19 anni che hanno sofferto di depressione maggiore, che, per inciso, può anche essere causata dal bullismo scolastico, in modo da avere un confronto statistico con un problema molto serio e noto da tempo. E trovo un terribile 11,2% (dati ufficiali del NIMH, che è la divisione del ministero della sanità USA per le malattie mentali). Di questi il 3,3% ha avuto severe limitazioni nella qualità della vita a causa di questa malattia. Mi chiedo perché non è questa la notizia sul giornale: sono cifre altissime.

Proprio come una bolla di sapone, l’intento predicatorio mi scoppia tra le mani,  mentre diventa evidente il peso reale di questa “notizia”.
Con l’umiltà che un po’ di ragionevolezza mi fatto guadagnare (e non so per quanto tempo), proverò a fare alcune considerazioni. La prima è che giudichiamo sempre in base alle emozioni che gli eventi e  le notizie ci procurano, perché l’emotività arriva sempre prima dei pensieri: “Sono aumentati del 30% gli adolescenti che ricorrono alla chirurgia plastica!” suona diversamente da “In dieci anni il numero degli adolescenti che ricorre alla chirurgia plastica è salito dallo 0, 43% allo 0,56%”.
La seconda è che queste emozioni sono profondamente legate a “chi” siamo. Ripercorrendo con un po’ di ironia il filo delle mie fantasie,  mi è venuto da sorridere accorgendomi di quanto queste fossero legate a un mio presunto (e po’ presuntuoso) punto di vista da “psicologo” e in un certo senso servissero sia a confermarmi sia a esercitare questo ruolo (“IO, che sono uno psicologo, penso che sia un problema familiare, di giudizio, di psicobiologia…”). Le nostre reazioni raccontano a noi stessi chi siamo. Provate a leggere i commenti anonimi alla notizia del Corriere, chiedendovi “Chi è che commenta? Cosa mi racconta di sé dicendo queste cose?” e farete delle scoperte interessanti.
Tuttavia, visto che non è così facile sfuggire ai filtri che inevitabilmente ci costruiamo (sarebbe un po’ come negare di avere il naso o le orecchie), non ho la presunzione di non averne (filtri, non naso e orecchie) e dirò da psicologo a tutti i genitori che permettono ai figli di correggere il loro aspetto fisico “solo” perché sono oggetto di derisione, di impegnarsi piuttosto nelle scuole perché i bulli vengano fermati e si realizzino progetti educativi per prevenire questi comportamenti e la discriminazione. Perché se si può arrivare a voler correggere le orecchie “a sventola” per non sentirsi più derisi, ignorando il fatto che il mondo è pieno di estimatori di queste particolarità, si può arrivare a voler cambiare il proprio orientamento sessuale con sedicenti “terapie ripartive” (che tra l’altro non hanno ovviamente alcun fondamento e anzi sono dannose, come ribadisce anche l’Ordine degli Psicologi della Lombardia) o a suicidarsi per lo stesso futile, tragico motivo: confondere l’apprezzamento altrui con la propria identità e il proprio diritto di esistere.

2 pensieri su “Il bello, il brutto e il bulletto: anatomia di una notizia

  1. Il 100% dei lettori nel mio ufficio ti approva, purtroppo sono solo, ma questo è poco interessante.

    Hai la capacità di essere chiaro e piacevole da leggere, peccato questa cosa non ti sia stata corretta da piccolo.

    Poi quando leggo il blog imparo un sacco di cose. Questa aberrazione delle “terapie ripartive” non la conoscevo e francamente che la contesti un ordine professionale più o meno autorevole mi importa poco, le “differenze” esistono dalla notte dei tempi e gli uomini dovrebbero aver imparato a conviverci (o no?). Non siamo tutti diversi da qualcun’altro?

  2. Molto bello il blog… pero’ aspetto nuovi post, e’ da troppo tempo che non ci sono aggiornamenti. Vabbe’, intanto mi iscrivo ai feed RSS, continuo a seguirvi!

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