The Pecora Effect

di Stefano Ventura

“E se tutti si buttano dalla finestra lo fai anche tu?”. Alzi la mano chi tra gli 11 e i 18 anni non si è sentito rimproverare così almeno una volta da mamma o papà. Ovviamente valgono le versioni con ponti, pozzi, dirupi e quanto l’efferata fantasia genitoriale ha scovato come variante per incutere timore. Sagge parole! In fondo quanti di noi (mamme e papà compresi) guardandosi indietro non hanno pensato “Ma chi me l’ha fatto fare?” – e parliamo di occhiali a goccia, pettinature cotonate, spalline, sbronze, tatuaggi improbabili e tutto il lungo catalogo di sciocchezze che abbiamo fatto solo “perché lo facevano tutti”…

Sarete felici (almeno spero) di sapere che questo fenomeno ha attirato ormai da decenni l’attenzione degli psicologi sociali. Il nome scientifico per la tendenza della mente a lasciarsi influenzare dal comportamento e dalle opinioni dei nostri simili umani ha diverse motivazioni ma un solo nome: conformismo. E può essere informativo, se accettiamo semplicemente le opinioni dei più quando non sappiamo bene cosa fare, o normativo, se finiamo per fare quello che fanno tutti con più o meno convinzione, per non sentici i “diversi”.

Il conformismo può spingere ciascuno di noi addirittura a negare la realtà. Davvero, non esagero! Potreste con convinzione affermare il contrario di quello che percepite, come l’esperimento classico che vi riporto sotto dimostra:

Impressionante? E non avete ancora visto i numeri: il 74% dei partecipanti a questo esperimento accordò le proprie risposte con la maggioranza! Voglio ripeterlo – ad alta voce e un po’ stupito: S-e-t-t-a-n-t-a-q-a-t-t-r-o per cento. So che in molti insieme a me ora starà pensano: “Questo spiega tante cose”. Sì, le spiega davvero.

Solomon Asch, l’ideatore dell’esperimento, stupito quanto noi, si chiese se fosse la dimensione del gruppo o il suo accordo granitico a influenzare i partecipanti, e scoprì che l’influenza era tanto più frequente quanto maggiore era il numero di persone che sostenevano un’opinione. Ma scoprì anche che avere un alleato nel sostenere un’opinione minoritaria (anche se giusta) diminuiva l’acquiescenza.

Herbert Kelman, professore emerito di etica sociale ad Harvard, ha identificato tre tipi di conformismo:

Compliance (acquiescenza): è il conformismo “pubblico”, che può accompagnarsi ad opinioni diverse dalla maggioranza in privato. È un comportamento motivato dal desiderio di essere accettati e il timore di poter essere esclusi;

– Identification (identificazione): avviene quando ci conformiamo a qualcuno che ci piace e rispettiamo (anche quando ha pettinature assurde, o come lavoro fa l’influencer). È un tipo di conformismo più profondo e radicato della semplice acquiescenza, perché riguarda la percezione della nostra identità e il nostro Sé ideale;

– Internalization (internalizzazione): significa accettare e conformarsi sia pubblicamente sia privatamente alla credenza o al comportamento che emuliamo da una figura credibile. Ovviamente è un tipo di conformismo molto radicato e profondo: tutti abbiamo avuto delle figure da cui abbiamo appreso valori, credenze e modi di comportarci che ora fanno stabilmente parte del nostro carattere.

Il conformismo è poi influenzato dalla nostra cultura di appartenenza, a seconda che essa sia più collettivista o individualista – certo, però, ammettere questa influenza sull’individuo anche quando celebra l’individuo unico e irripetibile è di nuovo tirare in ballo il conformismo …

E se siete sopravvissuti a questa contorta considerazione, posso acrobaticamente arrivare ad un dato fondamentale: il conformismo non è in sé né buono né cattivo, è semplicemente un dato di fatto del comportamento sociale umano, dal quale è impossibile sottrarsi completamente. Quindi siamo condannati dall’“effetto pecora” a coprirci di ridicolo con pettinature sconclusionate, tormentoni e tutte le diverse forme di “dittatura della maggioranza” (dittature, quelle vere, incluse)?

Sì e no. Sì, perché nonostante tutti noi apparteniamo e condividiamo le posizioni di un qualche gruppo, e di una qualche maggioranza, quello che varia è il senso critico con cui “prendiamo per buono” quello che così ci arriva. E no, perché ciascuno di noi fa sempre anche parte di una minoranza – davvero tutti. E la buona notizia è che le minoranze possono cambiare le maggioranze. Come?

Da “Fargo” (serie tv)

La teoria della conversione dello psicologo sociale Serge Moscovici spiega come una minoranza possa “convertire” le posizioni di una maggioranza. Quando incontriamo delle differenze di comportamenti e credenze nei nostri vicini, queste ci causano un conflitto interiore. Provare per credere: dite che siete vegetariani durante una cena, e osservate il disagio dei più che tentano di giustificare la fetta di arrosto nel piatto o iniziano ad attaccare solfe infinite sulle piante che “piangono e soffrono” proprio come gli agnellini… ecco il disagio! che solitamente viene risolto adottando conformisticamente le posizioni della maggioranza (ad esempio: “Un po’ di carne devi mangiarla, ché altrimenti le proteine, eh?”).

Tuttavia se una minoranza presenta delle informazioni che la maggioranza non conosce, e si mostra costante, uniforme e convinta delle sue posizioni, queste appariranno più credibili per la maggioranza. Ciò spingerà le persone a ritornare sulla dissonanza che li aveva spinti ad accettare le posizioni maggioritarie e a cambiarle in favore della minoranza. Il nodo fondamentale, come altre ricerche hanno mostrato (ad esempio quelle di Maass&Clark) è la credibilità dei membri della minoranza, che aumenta tanto più essi sono simili ai membri della maggioranza: se lo dice “uno di noi” magari è più probabile che sia vero. Alla fine, insomma, cambiare la maggioranza si può sfruttando proprio il conformismo.

In conclusione direi che potremmo mettere alcuni punti fermi in questa intricata materia:

1. Siamo tutti conformisti, accettiamoci!

2. Anche se siamo tutti conformisti, non significa che dobbiamo continuare a esserlo per sempre con le stesse credenze e comportamenti – cambiare si può;

3. Ascoltare informazioni provenienti da gruppi di persone a cui non apparteniamo può spingerci a cambiare comportamenti e opinioni, dopo averle verificate ovviamente: approfondite da fonti affidabili!

4. Siamo tutti parte di una qualche minoranza, e se vogliamo influenzare le opinioni dei più, è bene essere coerenti, piuttosto uniti e consistenti con quello che professiamo.

5. Proprio perché siamo tutti parte di una qualche minoranza, c’è una sola cosa che ci salverà tutti: il rispetto reciproco.

E se non ci basta ancora, l’importante è non fare male a nessuno, o no?

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